Da quando ho memoria, ricordo di avere sempre amato la musica.
Come molti adolescenti, mi chiudevo in camera ad ascoltare la radio per ore. Solo che avevo 6 anni.
Ascoltavo principalmente canzoni in inglese, e mi affascinava quella lingua che non conoscevo ancora.

Poco dopo mio padre acquistò il nostro primo stereo (un Sansui) e lo portò a casa con due LP: “The Wall” dei Pink Floyd e “The age of plastic” dei Buggles. Entrambi mi folgorarono, per motivi diversi, e li amo entrambi alla follia ancora oggi. Non per nulla i Pink Floyd sono da sempre la mia band preferita.

A 7 anni visto quanto mi piaceva i miei mi comprarono un organo Bontempi e con quello iniziai a fare esperienza, aveva dei ritmi basilari di batteria e suonandoci sopra imparai la suddivisione del tempo.

Alle medie iniziai a studiare canto con un insegnante bravissimo e feci anche il solista nel coro della scuola; smisi quando la mia voce smise di essere una “voce bianca”.

A 14 anni ricevetti una tastiera Technics SX-K700 che all’epoca sembrava un’astronave e che mi permise di sperimentare cose nuove, ricordo che riuscivo a suonare praticamente tutta “Shine on you crazy diamond”, con l’esclusione della parte di chitarra.

Questa cosa però mi faceva incazzare, così poco tempo dopo su “Porta Portese” (chi se lo ricorda?) trovai una chitarra elettrica Gherson imitazione SG, la famosa “Diavoletto”. Ricordo ancora quando mio zio Sergio mi accompagnò a prenderla a Casalpalocco. Non avevo un amplificatore per chitarra e la collegavo senza alcun tipo di effetto all’amplificatore stereo di casa.

A questo punto da totale autodidatta riuscii a registrare sul sequencer della tastiera tutte le parti di “Shine on” suonandoci sopra la chitarra (con, lo ammetto, scarsi risultati).

A 16 anni decisi che la chitarra non faceva per me (anche se ancora oggi mi piace suonarla ma solo per cose semplici) e decisi che con quello che avevo da parte tutto sommato avrei potuto anche comprare un basso elettrico. Mi imbarcai allora col mio Sì Piaggio ed il mio grande amico Stefano (un vero fratello, compagno di tante avventure) verso un negozio che probabilmente non esiste più, e cioè Cristina D’Amore a via Principe Amedeo. L’avventura più grande fu riuscire a portare il basso a casa integro…

Poco tempo dopo ci fu il mio battesimo dal vivo: per l’ultimo giorno dell’autogestione alle superiori (non ricordo se all’epoca facessi il quarto o il quinto) organizzammo un concerto di 5-6 brani nel cortile della scuola, tutti musicisti “scappati di casa” con solo 4 giorni di prove alle spalle. Non ero ancora pratico con il basso e quindi suonavo la tastiera. Però fu un successo, se non per chi ci ha ascoltato sicuramente per noi tant’è che ricordo ancora come fosse oggi le sensazioni che provai.

Dopo la scuola comunque, con il primo stipendio da fattorino in una tipografia, realizzai un mio vecchio sogno: acquistare una chitarra uguale a quella di David Gilmour, così andai da Ricordi a via del Corso e presi una Fender Stratocaster American Standard, che ho ancora oggi e che mi piace da matti.

Comunque, per diverso tempo dopo l’esperienza “scolastica” non ebbi più occasione di suonare in una band, complici la maturità, poi il servizio militare durante il quale conobbi Daniele che suonava la chitarra e che dopo qualche tempo dal congedo mi contattò per provare a suonare insieme. Da lì partì l’avventura “Limited Edition”, con i quali suonai per diversi anni con alterne fortune maturando una grande esperienza delle meccaniche di una band ma rimanendo una sega immane come musicista.

Dopo qualche anno anche quest’avventura terminò, non ricordo bene come o perché. Forse non ci fu nemmeno un motivo preciso. La micidiale combinazione lavoro-famiglia ebbe però una parte importante. Semplicemente smettemmo di vederci. Iniziò così un lungo periodo, circa vent’anni, nel quale pur continuando ad ascoltare musica a ritmo continuo persi l’interesse nel suonare.

E’ difficile dire il perché. Vero è che una volta che inizi a suonare in un gruppo è quasi inconcepibile ricominciare a suonare da solo. La svolta ci fu quando mia figlia Giulia iniziò a studiare chitarra. Iniziai ad ascoltarla mentre suonava nel gruppo del laboratorio e tornò a salirmi la scimmia per riprendere.

L’occasione si presentò nel 2019 quando anche io decisi di iscrivermi alla stessa scuola di musica per studiare sul serio il basso elettrico con Stefano Rossi (bassista, tra gli altri, di Dolcenera).
Già alla prima lezione di prova capii subito quanto avessi sempre sbagliato. La mia impostazione era completamente errata e sotto la sua guida sono riuscito a cambiarla con una più ortodossa, traendo grande giovamento anche nell’efficacia di quanto suonavo.

Iniziai a partecipare anche io ad un gruppo laboratorio nella stessa scuola, fino al febbraio 2020 quando il maledetto Covid interruppe tutte le nostre attività. Quando riprendemmo ebbi la fortuna di suonare per due anni nel gruppo laboratorio insieme a Giulia (ahimè nel doppio ruolo bassista/cantante) e quindi di esibirmi insieme a lei sul palco di Locanda Blues per diverse volte in occasione dei saggi di fine anno organizzati dalla scuola.

Addirittura l’ultimo anno suonai in due gruppi diversi, nel secondo solo come cantante.

Proprio in questo secondo gruppo militava Nello, un signore un po’ anziano con la passione per la musica che guarda caso conosceva un altro signore che stava cercando di formare un gruppo.

Ci incontrammo, suonammo, e formammo alla fine questa band, alla quale nel tempo si aggiunsero altre persone che decisero che il nome più adatto per il gruppo fosse “The Grandfathers”.

Il resto è storia…

(Per Adamo, Alberto, Aldo, Nicola, Paolo e Tranquillino, i membri attuali in rigoroso ordine alfabetico, e Angela che ha cantato con noi fino a pochi mesi fa)

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