Things left unsaid
E così, te ne sei andato.
Ho pensato a lungo se scriverti o no, come ben sai le mie convinzioni mi impediscono di pensare che ci sia un’altra vita dopo quella terrena. Ho sempre creduto nella vita prima della morte, e che dopo la morte succedono sì tantissime cose, ma che semplicemente non coinvolgono noi.
Allora ho pensato di scriverti come se tu fossi ancora con noi, con tutti i tuoi pregi ma ancor di più con tutti i tuoi difetti, che alla fine sono quelli che rendono una persona quella che è (e questo come ben sai vale anche per chi scrive).
Non vorrei che tu pensassi che voglio parlare di me, ma in un rapporto tra due persone questo è inevitabile perché le vite sono a tal punto intrecciate che giocoforza una condiziona l’altra.
In questi giorni non posso fare a meno di pensare a te. Non sto a dirti che per me sei stato come un padre, perché già lo sai; voglio però che tu sappia che sei stato uno dei più grandi amici che io abbia mai potuto desiderare. Tra le tante persone che conosco sei stato l’unico col quale ho condiviso discorsi su tutti gli argomenti di cui è possibile discutere: filosofia, fisica, matematica, letteratura, biologia, praticamente abbiamo affrontato ogni campo dello scibile seppur con la leggerezza che la nostra “ignoranza” ci imponeva. Come ti piaceva dire, sapevamo poco di tutto e questo è sicuramente meglio dell’opposto.
Parlare con te ha contribuito a migliorarmi come persona, e te ne sono infinitamente riconoscente.
Abbiamo fatto tanti piccoli lavori insieme, e altri ne stavamo programmando; come ho scritto tempo fa su queste stesse pagine, aiutare gli amici fa parte del mio DNA e di conseguenza non potevo non darti una mano quando ne avevo la possibilità. Certo che mi conoscevi bene, sapevi della mia “tigna” e cercavi di non farmi esagerare quando impazzivo dietro a qualcosa che non riuscivo a mettere a posto come volevo o quando volevo fare qualcosa di avventato (chi ha detto “salire sul tetto”?).
Adesso non riesco a capacitarmi di stare a casa tua e non incontrarti, il cervello sa che non ci sei ma gli occhi istintivamente ti cercano ovunque.
Non lo nego, il dolore è tanto, anche per un freddo razionalista come me. Cerco vigliaccamente di evitare di dimostrarlo, è vero, perché mi rendo conto che per quanto io sia addolorato, la sofferenza delle tue figlie e di tua moglie non può neanche lontanamente competere con la mia.
Ma è davvero quantificabile il dolore? La sofferenza? Sicuramente sarebbe stato un altro dei nostri interessanti argomenti di discussione…
Il problema con il dolore è che rimane spesso latente per ore o giorni e poi arriva come un colpo di frusta per una piccola cosa, una foto, un vecchio messaggio sul cellulare, un libro di cui abbiamo parlato.
Quante cose avevamo ancora da dirci? Quanti buoni consigli avevi ancora da darmi? Libri da scambiare? E poi le nostre “lucette” che chi non ama la tecnologia come noi non riesce ad apprezzare…
Proprio poco fa Cristiana mi parlava dei tuoi messaggi su WhatsApp e Telegram, senza sapere che io già da giorni avevo salvato tutte le nostre conversazioni per custodirle gelosamente.
Cerchiamo di salvare il più possibile del nostro piccolo mondo, perché sappiamo che alla fine tutto quello che rimarrà saranno dei ricordi ed è fondamentale che non sbiadiscano mai.
Ora ti saluto e ti auguro buon viaggio, ovunque tu stia andando. So che mi hai voluto bene; te ne ho voluto anch’io, e questo nessuno potrà mai portarmelo via.
Tuo figlio, Luca.