Riflessioni di un padre

Essere genitore non è mai stato semplice, ma farlo oggi, con un figlio adolescente, è una vera sfida. Non ci sono manuali, non esistono risposte universali. Ogni giorno è un equilibrio tra il desiderio di proteggerlo e la necessità di lasciarlo andare. E mentre lui cambia, mi accorgo che a cambiare – forse per la prima volta dopo tanti anni – sono anch’io.

Una delle contraddizioni più forti che noto è questa: i ragazzi di oggi sono sempre online, ma raramente connessi davvero. Passano ore sui social, parlano con decine di persone, ma spesso si sentono profondamente soli. Mio figlio passa ore sui videogiochi come fosse una finestra sul mondo, ma ne esce sempre un po’ più confuso, un po’ più insicuro. I paragoni con le vite “perfette” che ci vengono continuamente proposte sono inevitabili, e minano la fiducia in sé stessi.

Cosa possiamo fare? Limitare il tempo passato al PC può aiutare, ma non basta. E’ importante accompagnarli a un uso più consapevole di questi strumenti. Mostrare che il videogioco è finzione, spiegare che la realtà non è quella che vedono sullo schermo. E soprattutto, offrire alternative concrete: sport, arte, musica, esperienze condivise.

Ricordo quando mio figlio era piccolo: parlava senza sosta, mi cercava per ogni cosa. Oggi spesso si chiude in camera, parla poco, gioca e ascolta musica con le cuffie, e sembra distante anni luce. Ma ho imparato che dietro quei silenzi c’è tutto un mondo: dubbi, domande, emozioni. Non è facile, ma dobbiamo essere presenti, anche quando sembra che non serva.

Il segreto? Ascoltare. Non giudicare. Fare domande senza interrogare. E creare piccoli riti: una cena senza telefoni, una serie TV da guardare insieme, una passeggiata nel weekend. Spesso è in quei momenti “normali” che si aprono spiragli di dialogo.

A scuola, oggi, c’è una pressione enorme. Non si tratta solo di studiare, ma di “funzionare”, di stare al passo, di non sbagliare. Mio figlio, come tanti, vive l’ansia da prestazione in modo molto forte. E la pandemia ha solo peggiorato le cose, lasciando una generazione un po’ più fragile, più diffidente, meno preparata alla socialità.

E noi genitori? Dobbiamo abbassare l’asticella del giudizio e alzare quella dell’ascolto. Aiutiamoli a capire che il valore di una persona non si misura con un voto. E cerchiamo il dialogo con gli insegnanti: una scuola davvero efficace è quella che collabora con la famiglia, che vede ogni studente nella sua interezza, non solo attraverso i numeri.

Essere padre oggi significa imparare a stare nel dubbio. Significa smettere di cercare risposte pronte e iniziare ad ascoltare davvero. Gli adolescenti di oggi crescono in un mondo complicato, ma hanno anche risorse straordinarie. Noi possiamo essere la bussola che li orienta, senza imporre la rotta.

E forse, alla fine, è proprio questo il nostro ruolo: non guidare, ma camminare accanto.

Non sono un esperto, né uno psicologo. Sono semplicemente un papà che prova a fare del suo meglio. Scrivere mi aiuta a mettere ordine nei pensieri, e condividere queste riflessioni è un modo per non sentirmi solo in questo viaggio.

E tu? Hai figli adolescenti? Ti rivedi in queste parole o hai vissuto esperienze diverse? Scrivilo nei commenti: il confronto tra genitori può essere una risorsa preziosa. E se pensi che questo articolo possa essere utile a qualcuno, condividilo!