Tra gli oggetti teorici che mi hanno affascinato da sempre, al primo posto assoluto per distacco c’è il ponte di Einstein-Rosen. Ma di cosa si tratta? Spiegarlo in termini comprensibili a tutti è decisamente un’impresa complicata. Proviamoci lo stesso.
Un ponte di Einstein-Rosen, spesso chiamato “tunnel spaziale” o “wormhole”, è un concetto affascinante che nasce dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein. Immagina il tessuto dello spazio-tempo come se fosse un foglio di carta, di piegarlo e di fare passare una matita in un buco attraverso di essa. In questo modo, invece di percorrere una lunga distanza, potresti “saltare” direttamente da un punto all’altro dello spazio, senza dover attraversare il percorso intermedio.
Per capire meglio, bisogna partire dalla teoria della relatività di Einstein, che descrive come la gravità influenzi lo spazio-tempo. Secondo questa teoria, lo spazio-tempo è come una rete flessibile che può essere deformata da oggetti massicci come stelle e pianeti. Un “ponte di Einstein-Rosen” è una sorta di tunnel che collega due punti distanti nello spazio-tempo, permettendo un passaggio diretto tra di essi.
Ma come funziona il ponte di Einstein-Rosen?
Per semplificare, immagina lo spazio-tempo come una distesa piatta. Se metti un oggetto pesante, come una palla, sulla distesa, questa si incurva verso il basso, creando una sorta di “depressione”. Ora, se prendi un’altra palla e la metti lontano dalla prima, e poi provi a collegarle con un tunnel che attraversa la curvatura, potresti immaginare un “ponte” che collega le due aree, passando attraverso la curvatura dello spazio-tempo. Questo ponte sarebbe un “wormhole”.

In teoria, un wormhole permetterebbe di spostarsi da un punto all’altro dell’universo in tempi molto brevi, senza dover percorrere tutta la distanza tra i due punti. Tuttavia, questo rimane solo un concetto teorico e non abbiamo mai trovato un wormhole nel mondo reale.
Il concetto di ponte di Einstein-Rosen è stato introdotto da Albert Einstein e dal fisico Nathan Rosen nel 1935, quando hanno studiato le soluzioni alle equazioni di campo della relatività generale. Inizialmente, lo studio era focalizzato su particolari “soluzioni” matematiche per descrivere le particelle subatomiche. Però, con il tempo, si è compreso che queste soluzioni potevano anche essere interpretate come ponti nello spazio-tempo.
Questi “ponti” non sono davvero come dei tunnel che possiamo attraversare, ma una curiosa struttura matematica che lega due punti di spazio-tempo. In altre parole, sono una possibilità teorica che potrebbe esistere, ma senza alcuna evidenza concreta.
Un aspetto molto affascinante dei ponti di Einstein-Rosen è che, se esistessero davvero, potrebbero rendere possibile viaggiare velocemente attraverso l’universo. Questo concetto ha ispirato numerosi film e libri di fantascienza, dove i personaggi viaggiano attraverso wormhole per spostarsi tra stelle e galassie in modo istantaneo. Ma ci sono molte sfide teoriche e pratiche che dovremmo affrontare per capire se i ponti di Einstein-Rosen potrebbero essere reali o utili.
Uno dei problemi principali riguarda la stabilità del wormhole. Secondo le equazioni matematiche, un ponte di Einstein-Rosen sarebbe estremamente instabile e collasserebbe immediatamente a meno che non fosse sostenuto da una forma di materia sconosciuta, chiamata “materia esotica”, che ha proprietà molto strane, come la capacità di esercitare una pressione negativa.
Insomma, il ponte di Einstein-Rosen è per ora solo un’idea teorica affascinante. Nonostante sia una parte importante delle teorie cosmologiche e della fisica moderna, non abbiamo ancora trovato prove che questi ponti esistano davvero. Tuttavia, continuare a esplorare queste idee ci aiuta a capire meglio l’universo e le leggi che lo governano, aprendo la porta a nuove scoperte nel campo della fisica e della cosmologia.
“non abbiamo mai trovato un wormhole che possa essere usato nel mondo reale”.
Invece di wormhole che non possano essere usati nel mondo reale ne troviamo a decine tutti i giorni. 🙂
I wormhole sono una teoria affascinante ma irrealizzabile. Molto più interessante il concetto di warp (e anche l’unica alternativa possibile ai wormhole). Peccato che l’unica cosa che siamo riusciti a dilatare e restringere in 20 mila anni di storia umana sono le mutande in lavatrice.
Ho formulato male la frase, in effetti sintatticamente può essere interpretata in due modi.
Leggila così “non abbiamo mai trovato un wormhole, che possa essere usato, nel mondo reale”
perché il fatto di non averne mai trovato uno non esclude il fatto che possano esistere.
Il concetto di warp, se lo intendi come una velocità superiore a quella della luce, è impossibile perché nulla può avere velocità superluminali. Anche l’esperimento del CERN con i neutrini (che ti ricordo essere privi di massa) di qualche anno fa, dopo un mirabolante annuncio che anche i fisici responsabili dell’esperimento raccomandavano di prendere con le molle, non è mai stato ufficialmente confermato.
Eppure c’è stato un momento nel quale qualcosa si è mosso più velocemente della luce. Sai quando e perché?
Il Warp non è andare più veloce della luce, perché non si può fare. È comprimere lo spazio tra te e la destinazione (ed estendere quello tra te e la partenza). Detto questo è probabilmente necessaria tanta di quella energia che non basterebbe quella dell’Universo. Ma sarebbe, credo, l’unica possibile soluzione. Un wormhole, ammesso che esista davvero, lo devi trovare, e devi trovarlo in un posto facilmente accessibile (e uscire in un altro posto facilmente accessibile). Crearlo sarebbe ancora più problematico.
Cosa succede a tutto ciò che si trova nello spazio compresso tra te e la destinazione?
Si comprime e si dilata di conseguenza, ma non se ne accorge (d’altra parte anche noi ci comprimiamo e dilatiamo a seconda della velocità con cui ci spostiamo da un punto all’altro).
È in questo modo che funzionano i motori dell’Enterprise e, molto probabilmente (visto che Lucas non lo ha mai specificato), anche quelli di Star Wars.
Comunque questo è interessante:
https://youtu.be/ZL4yYHdDSWs
Siccome non sei il solo ad avermelo fatto notare, ho eliminato del tutto “che possa essere usato” dalla frase incriminata.
Tra l’altro era pleonastico.